su Vijayawada. 4 giugno. [VII, 11]. 14 giugno 2006 – bortolindie 33 – 500

2006-06-14 – 01:14:04

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Da: bortocal A: ennebbi Data: 4-giu-2006 18.11

cara Nadia (te la sei proprio cercata, io qui non ho altro da fare stasera):

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e l’indomani che cosa ho fatto?

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2 giugno

sono andato alla stazione dopo un’ora che mi ero svegliato, per vedere il treno per la mia nuova meta, tieniti forte con la pronuncia, l’accento e’ sulla seconda sillaba!

Vijayawada, un’altra grossa citta, a 70 km dall’Oceano ormai (lato est).

il treno e’ gia li` che mi aspetta sui binari, ma ho lasciato i bagagli per fare colazione con calma e intanto che torno indietro cento metri e prenderli, ovviamente parte.

nessun problema, il prossimo e’ un’ora dopo.

il percorso e’ di 150 km e la guida dice che ci si mette 5 ore, e invece dopo solo due ore e mezza sono gia’ li’.

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e’ su questo treno che incontro “il bambino ragno”, la travestita, i ciechi musicanti, i venditori che riassumono la loro via in uno slogan,

ma sono tutti personaggi già noti, tranne il primo.

sul treno quasi trancio un dito al primogenito quattrenne della famigliola, che voleva alzare il tavolinetto e lui ci ha infilato il pollice proprio nell’intercapedine, per cui urla e baci del padre inefficaci a succhiare via il male.

per fortuna mi ero mosso dolcemente e il bambino non si e` fatto nulla di grave.

ho deciso che questa sara` una tapppa molto breve e che non cerco neppure l’hotel, ma mi fermo alle retiring rooms, una istituzione indiana eccezionale, che mette a disposizione a scelta camerate, cabine o camere nelle principali stazioni per i viaggiatori frettolosi,

come me in questo caso.

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questa regione dell’Andra Pradesh mi sta stretta, tutto sommato:

non capisco perche’, ma la capitale era orrenda e nelle stesso tempo ipertecnologica e puerile, le campagne nello stesso tempo curate e vuote, non mi tornano i conti, la cultura molto scarsa, considerando le altre regioni viste.

ho capito oggi approfondendo sulla guida, perche’.

primo: lo stato e’ recente, artificiale, ottenuto 50 anni fa da un’azione non violenta conclusasi con la morte per fame a seguito di uno sciopero del cibo di protesta del padre dello stato,

che non era mai esistito come tale, ma era sempre stato dipendente da altri.

elemento di unificazione e’ stata questa lngua il telugu che non conosce nessuno fuori di qui.

lo stato e’ nello stesso tempo ricco per l’agricoltura ma poverissimo.

per meglio dire la ricchezza e’ molto concentrata (nei centri urbani: queste citta deformi e consumiste), mentre il livello di reddito dei contadini e’ dei piu bassi dell’India.

la pratica dell’uccisione delle neonate se la famiglia non ha i soldi per la dote del matrimonio e’ ancora diffusa, dice la guida

(ahime’ non solo i comunisti in Cina uccidono i neonati o meglio le bambine, ma anche la democratica India).

eppure oggi trovero’ anche in giro molte bandiere rosse e manifesti del partito Comunista Indiano,

e nello stesso tempo questo e’ uno stato in cui la guerriglia antgovernativa e rivoluzionaria e’ ancora viva.

Bild 085

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insomma, ho razionalizzato oggi un disagio che avvertivo in modo oscuro, ma che mi impediva una vera soddisfazione nel mio viaggio.

comunque l’impatto con la citta`, prima ancora di sapere queste cose, e` scioccante.

appena scendo dal treno vengo assalito da un folla che vuole portarmi da qualunque parte purche` usi il loro mezzo, che qui non e` piu` il tuc tuc a motore (sono pochissimi), ma il riscio` a pedale.

vogliono a tutti i costi portarmi a un hotel, e per prezzi che mi vergogno a dire:

5 rupie, 8 centesimi di euro.

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motivo in piu` per affrontare l’ora di battaglia con la burocrazia indiana e farmi dare un cabina (le camere sono tutte occupate):

ce l’ho il lucchetto per il bagaglio?

no, e alla fine metto il bagaglio sotto il letto, tanto non ho niente di prezioso con me

(stavo per dire: salvo me stesso, ma forse ci ripenso).

devo pero trovare una banca per cambiare altro denaro, dato che e` venerdi e Hyderabad ha intaccato quasi meta’ del mio budget.

un vecchio mi porta di qui e di la’, arrancato su strade crudelmente in lieve salita.

non tutte le banche cambiano gli euro.

bisogna andare un paio di km piu’ in la`.

il vecchio e` felice.

io meno.

. . .

tutti gli impiegati pubblici indiani hanno imparato e mantengono lo stile coloniale imparato dagli inglesi.

ognuno che ha a che fare con loro diventa subito un paria da disprezzare e maltrattare.

l’impiegata annoiata e carica di gioielli ogni singolo dito delle due mani mi fa compilare un modulo in telugu stretto!!!!

poi mi dice scocciata che devo portarle la fotocopia del passaporto.

mi mordo la lingua: nella banca non hanno una fotocopiatrice?

esco: il mio cavallo umano mi aspetta ansioso di aiutarmi.

mi guardo attorno in un mare di scritte con tutti i colori urlati dell’India, tutte in telugu sia nel lessico sia nell’alfabeto,

e come un uomo cavallo anch’io, ma schiumante di rabbia, salgo una strada dietro l’altra,

con la voglia di tornare invece indietro e di fare una piazzata: si tratta cosi un cliente?

finalmente il mio amico provvisorio mi indica trafelato il luogo dove una gentile e sacrificata ragazza fotocopia il mio documento prezioso.

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la signora della banca mi paga gli euro una cifra strabiliante rispetto all’aeroporto.

insomma ne ho presi di piu’ qui con 70 che all’aeroporto con 100.

cosa e’ successo al cambio?

semplicemente a Hyderabad – citta’ di napoletani, come ben dice Nadia – mi hanno fregato anche sul cambio.

sai la rovina del resto! qui mangi un primo (indiano!) con 15 cent.

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ho risolto il problema che mi ero creato per avere un problema e ora non mi resta che andare a quella che sembra la principale attrazione turistica della citta’,

un tempio rupestre, lungo la riva del fiume che qui raccoglie in un delta tre affluenti, molto fuori citta’.

http://bortolindie.blogs.it/2006/06/12/vii_6_2_giugno_la_cittan_degli_uomini_ca~874862

ora qui: https://corpus0blog.wordpress.com/2016/06/12/470-la-citta-degli-uomini-cavallo-continua-la-crisi-vii-6-2-giugno-12-giugno-2006-bortolindie-28/

il tempio e’ decisamente bello, ben sistemato, il contorno ormai agreste puro.

mi disperdo, oltre che nel tempio, sui bordi del fiume dall’altro lato della strada, attirato dai bufali che vado a filmare da vicino.

mentre mi giro per risalire, notando che un paio sono piuttosto tesi, sento gridare: mi avvisano che un bufalo sta per caricarmi.

niente paura. era solo una finta.

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Bild 088

piu in la`, percorro come un folle per puro gusto dell’orrendo, questa disperata periferia, molto pittoresca tra roccioni e fiume.

case intrecciate agli alberi, mestieri improbabili, di nuovo muratori.

Bild 087

mi rimane al rientro in citta’ giusto il tempo per salire allo stupa di Gandhi, un grande monumento sul punto piu’ panoramico.

Bild 089

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e` proprio qui che la mia crisi di identita` sul senso del mio viaggio si intensifica.

i miei pensieri sono cosi cupi che non solo mi domando che cosa ci faccio qui e se non sono proprio un idiota a trascorere cosi le mie giornate:

che cosa ho fatto di male per non sapermi godere la vita come le persone normali?

che cosa vengo a imparare in India?

qui non c’e’ ninete da imparare.

poco fa sulle scale che portavano ai dormitori stava disteso un vecchio, io solo mi sono fermato a guardare se respirava o no.

avrei detto di no.

non c’era il minimo segno di movimento nel suo torace.

stroncato da un ictus? da un infarto? dal caldo?

la cosa non interessava proprio nessuno.

sono stato li un po’ a far vedere proprio che stavo osservando il vecchio, ma non avevo il coraggio di toccarlo e nessuno mi badava.

quindi sono rientrato anch’io.

. . .

in India si impara una cosa sola, mi sono detto.

si impara a morire.

ecco qello che tutti gli occidentali vengono a cercare in India, l’arte di morire

e non a caso sia Gozzano che Pasolini concludono i loro resoconti con le immagini dei roghi di Benares.

meglio non essere nati o, se nati, morire appena possibile.

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che problema e’ morire in India?

qui dove il corpo non si vergogna di nulla,

dove i vecchi pezzenti stanno buttati in mezzo alla polvere con uno straccio che lascia scoperti i coglioni e il culo,

dove persone con piaghe e malattie orribilli stanno sulla strada querule rassegnate a giocare il ruolo loro dato nel mondo in attesa di reincarnarsi meglio, che cosa e’ la morte?

la morte e la vita sono una cosa sola.

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un ragazzetto, puledro allegro e gagliardo, pedalando mi ha portato a un internet cafe`,

ma io non ho voglia di scrivere stasera.

l’ho fatto salire con me, sta li` seduto.

preferisco chiedergli che cosa vuol vedere in internet, gli spiego come funziona google immagini.

non lo sa che cosa vuole vedere, ma lo so io per lui (e forse anche per me):

andiamo a Bollywood, ecco qualche attrice,

e anche un attore che mi somiglia parecchio (in meglio, ammiratrici!)

o meglio mi somigliava quando avevo la barba.

poi clicco alla voce attrici e appare il nostro occidente peccaminoso di donne seminude.

ecco la mia serata internet del 2 giugno.

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il ragazzo puledro scalpita e canta, tornando.

e’ felice ed eccitato.

almeno lui.

io finisco di leggere rabbioso l’edizione Einaudi dei vangeli apocrifi: una vergogna scientifica.

manca in Italia un qualsiasi studio serio sulle origini del cristianesimo e perfino Einaudi, quando li pubblica, sceglie una edizione estetizzante che rivolta lo stomaco per l’approssimazione.

il sonno benevolo mi chiude gli occhi.

tanto domattina parto.

cambio stato, fini del viaggio, itinerario, tutto:

stato nuovo: Karnataka

e uno dei luoghi piu’ turistici dell’India.

Hampi.

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3 giugno

lo dico io che parto.

il treno fa servizio solo di notte, e parte alle 19,45.

ma peggio ancora: non ci sono piu` posti liberi.

con pena infinita riesco a capire che pero’ posso pagare il biglietto lo stesso e mettermi in lista d’attesa: saro’ il 29esimo.

accetto.

solo allora l’impiegato mi dice che ho good chance.

perfetto: devo solo occupare 12 ore esatte di tempo, che fare?

un’occhiata alla guida e scelgo quella che viene descritta come una citta artigiana, dove si intaglia il legno e c’e` un forte.

Kondapalle

(Andrea mi ha chiesto ieri se quel nome non è uno scherzo.

no)

http://bortolindie.blogs.it/2006/06/12/vii_7_3_giugno_kondapalle_vijayawada~874947

ora qui: https://corpus0blog.wordpress.com/2016/06/12/471-kondapalle-vijayawada-vii-7-3-giugno-12-giugno-2006-bortolindie/

dal pullan riesco a farmi scaricare al posto giusto, ma la citta` mica c’e`.

io vedo solo una strada che si perde nei campi.

una strada di India estrema come non ho mai visto.

le donne alla fontana le mucche, le capanne di foglie.

qui sono fuori dal mondo. sono scomparsi perfino i tuc tuc.

solo al fondo trovo due botteghe (ho detto due) dove due uomini stanno lentamente lisciando dei tronchetti di legno facendogli vagamente assumere una forma animale.

mi ricorda la barzelletta di Tognazzi sui boscaioli della Valtellina che da ogni tronco ricavavano uno stuzzicadenti a forza di lisciarlo.

in fondo in cima a una montagna (sembrano 70-80 metri metri di dislivello, ma mai fidarsi, alla fine scopriro’ che erano almeno 200) si vedono delle rovine che sporgono, poca roba,

ma che devo fare? ci arrivero’.

. . .

ed ecco che ai miei occhi appare una scena normalissima, ma straordinaria qui.

dove il sentiero comincia a salire ci sta una grande crocifissione variopinta.

un Cristo in croce che soffre, nonostante la coroncina di fiori induisti che ha attorno al collo, la madonna di lato, piuttosto brutta, la maddalena e san giovanni.

una perfetta crocifissione qui, con questa strana configurazione: la madre, la donna, l’amico, che qui si nota ancora di piu’.

. . .

salgo lentamente la mia via crucis di pietroni, chiedendomi se non sono pazzo o imprudente a muovermi cosi.

in fondo ho addosso quel che qui potrebbe mantenere una famiglia per un paio d’anni e i morti di fame non mancano.

donne piegate in due scendono il sentiero che io salgo, piegate sotto carichi immensi di canne di bambu.

non ho il coraggio di fotografarle.

tre uomini mi fanno passare con un cenno.

a poco a poco le rovine ingigantiscono: sono veramente immense, cavoli, ecco perche` pensavo che la strada fosse tanto piu breve.

ecco l’ultima svolta, sono ormai in una ridotta altissima che sbuca in un piazzale davanti ad una fortezza a piu’ piani.

un ragazzetto di forse 16 anni mi fa da guida, assieme ad una bambino di 7 che non si stacca da lui.

Bild 095

mi portera’ per circa un’ora negli angoli piu disperati di questo percorso,

fino alla tana dei cobra,

fino alla cisterna verde marcio,

fino agli spalti che si affacciano sulla pianura immensa

dove neppure piu si vede il capoluogo a 30 km di distanza.

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dai discorsi emerge che il suo amico e’ un bambino che non ha piu` ne` padre ne` madre:

sono morti tutti e due.

lui vive li’, alla fortezza, adottato un po’ dai guardiani e cavandosela in qualche modo.

quel bambino e’ stato attaccato alla mia mano per tutto il tempo che sono stato li.

gli ho fatto delle belle foto e delle riprese.

gli ho dato a tutti e due piu soldi di quello che si dovrebbe dare in India a dei bambini,

soldi che gli uomini cavallo guadagnano forse in un giorno intero.

Bild 094

e col cuore chiuso, uscito dal forte ho trovato per miracolo un tuc tuc che era salito fino a li per la piu lunga stada asfaltata

che ho poi percorso in un panorama meraviglioso sull’altro lato della valle,

un insieme di laghi e rocce bizzarre che non dimentichero`.

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il pullman mi ha riportato subito alla citta`.

in stazione dovevo essere alle 17 per verificare la mia prenotazione.

avevo ancora un paio d’ore per salire al tempio induista principale della citta`.

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l’induismo è la mia religione.

l’induismo mi fa fisicamente bene, io non so come spiegarvelo.

al tempio si saliva per una strada asfaltata tra i canti lenti e ripetuti all’infinito di una sola mezza frase,

nel tempio un santone grasso ributtante e vanitoso che faceva i suoi riti guardando la videocamera per venire bene alla fine mi ha cosparso la fronte di rosso

e mi ha fatto ripetere come un cretino delle formule magiche delle quali non capivo una parola

e con le quali avro` come minimo venduto l’anima al diavolo.

Bild 107

ma io ero felice, ero disteso.

. . .

ed ecco che cosa la mia nuova voce interiore di neobattezzazo indù ha cominciato a dirmi.

il problema non e` di imparare a morire, che stupidaggine occidentale.

la morte e la vita sono una cosa sola.

se impari a vivere impari anche a morire, non c’e’ niente di speciale nella morte.

impara a vivere, a lasciarti attraversare, a non avere desideri tuoi, ma a vivere i desideri, a non avere amori tuoi, ma a vivere l’amore, impara a sentire il respiro, ad ascoltare la fame, ad essere curioso senza arroganza, a volere senza volere, a volere quello che la vita vuole, quello che il mondo vuole, ad essere apparenza.

impara.

sono tornato alla stazione in un autobus sovraccarico di pellegrini.

non c’e’ posto, adesso e’ il 19esimo. riprovi alle 18,30.

* * *

tranquillo mi sono seduto a leggere i miei schifosissimi vangeli apocrifi.

che mare di fesserie si e` stati capaci di inventare attorno alla figura di quel povero cristo!

davvero il cristianesimo e’ la religione della fantasia al potere.

nessuna base storica seria,

solo un concetto chiaro, enorme:

che la croce, il simbolo tremendo dell violenza nazista dei romani, l’incubo con cui essi terrorizavano i popoli, lo strumento su cui finirono appiccati gli schiavi in rivolta a centinaia, in una lugubre anticipazione dell ferocia dei lager, questa croce divenne il simbolo di DIO.

senza dirlo, adorando la croce, i disgraziati del mondo, che il potere indifferente e brutale ad essa poteva destinare in qualunque momento, dicevano che il divino della vita era nei loro cuori.

e dicendo che Dio si era fatto uomo, aggiungevano che Dio era anche nella loro carne sporca, debole e spesso malata.

sulla croce divinizzata si e` fondata una dignita` nuova dell’uomo,

e poco importa se per farlo si e’ dovuto credere che uno dei tanti che (forse) ci mori` sopra

o forse uno dei pochi che se ne salvo` (forse)

dovesse essere un grande profeta, il messia, il figlio di Dio, anzi Dio stesso.

la croce dell’orrore e del terrore: questo fu dio per gli oppressi di uno dei piu` inumani imperi della storia

(di cui noi poco riconosciamo come italiani l’orribile eredità ancora in noi).

. . .

beh, in ogni caso era bello vedere che cosa avrebbe fatto il caso di me.

alle 18,30 il caso aveva deciso di darmi un posto sul vagone sleeper e di farmi partire.

* * *

durante la notte dal finestrino ovviamente completamente aperto e neppure volendo chiudibile alcune poche gocce di pioggia che anticipano il monsone mi hanno svegliato.

faceva freddo e ho rabbrividito.

lacrime del cielo di notte.

poi mi sono ricordato che in sogno mi ero ricordato.

mio padre non mi ha mai picchiato che io ricordi.

era perfino strano: tutti le pigliavano dai padri, io no.

una volta mia madre me lo aveva spiegato il motivo:

sai, una volta quando non avevi ancora un anno, hai disobbedito al papa’.

e allora lui ha cominciato a picchiarti, ti ha picchiato talmente tanto che ti sono venute le convulsioni.

ti si e’ fermato il respiro e sembrava che morissi.

poi ti sei ripreso per fortuna.

e allora io gli ho fatto giurare che non ti avrebbe picchiato mai piu’.

se lo avesse fatto anche una volta sola io sarei scappata con te e non mi avrebbe visto piu’.

e’ per questo, solo per questo, che tuo padre non ti picchia.

sono io che non voglio.

(mi picchiava lei, in compenso, e come me le dava volentieri!)

. . .

ho guardato questo ricordo dimenticato, ho pensato a quel bambino senza padre e senza madre che me lo aveva fatto ricordare,

ora che sono anch’io come lui un bambino senza padre ne` madre.

ho avuto pieta` di me,

piu` ancora che di lui.

mi sono voluto bene, era da tanto che non succedeva.

l’India mi sta insegnando a vivere.

alle 9 di mattina ero gia’ sulla strada di Hampi,

questo che e’ probabilmente il luogo piu’ bello e straordinario del’India.

* * *

nel cibercaffe` la musica di una coppia che sta cantando una canzone dolcissima, un duetto d’amore meraviglioso.

il mio cuore e’ pieno di pace e di dolore, di dolore e di pace.

a domani.

un bacio a chi ha la pazienza di leggermi.

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commenti al post:

FIRDIS   2006-06-14 @ 09:53:35

Bortocal… che casino la vita…..

sai a volte anche io piango per me stessa e sapessi quanto mi sento peggio.

io credo che abbiamo l’eta`  dell’obbligo.. obbligo di piangere solo per gli altri.

come riflettevo qualche giorno fa il rischio e` l’incancrenirsi della mancanza. 

Bertolauro ?! usciamo dai.. guarda che bella giornata di sole!

mezzo bacio perche` non ho tempo di leggere tutto.

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nadia_bi  (Besucher)   2006-06-14 @ 20:22:17

si, la vita e` davvero un casino.

quando pensi di esserci uscita ti accorgi che sei solo a da un livello piu` in alto o piu` in basso ..

ad un livello si piange, ad un altro si ride..

avete una monetina per tirare a sorte??

ma gia` so quale mi tocchera`!!

buonasera amici.

parola grossa eh??

oggi nn piu`.
amico = blogger = persona che ti ascolta dentro semplicemente leggendo qualcosa dei te..

bacio

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bortocal   2006-06-14 @ 20:25:58

no no, Firdis, dobbiamo imparare a piangere su noi stessi, quando ne abbiamo voglia, per sentirci meglio, senza riserve.

dobbiamo imparare a commuoverci, per gli altri o per noi stessi, senza pudore.

io sono uscito nel sole afoso di questi giorni in questa citta` stravolta dai mondiali:

era peggio che essere in India.

pero` si vede che qui la gente non e` abituata ai colori e ai rumori,

gli odori poi mancano del tutto.

mi sono sentito cosi` snob, io che me ne sto lontano da questo carnevale pagano che la gente aspetta per anni, semplicemente per poterse andare in giro avvolta in una bandiera tedesca con una birra per mano sgrugnando Deutschland!!!

pero` tu non c’eri.

se non puoi leggermi mi leggerai:

scrivo solo per chi puo` dedicarmi tempi lunghi,

scrivo per riempire i tempi della mia assenza.

ero cosi` stanco che ho dormito un’ora poco fa, assorto nell’indolenza di questo sonno fuori tempo.

e` il tempo che mi manca rispetto alle cose che ho da scrivere, e questo disagio e` una forza che mi tiene lontano dalla scrittura.

pero` che bello il tuo invito, Firdis, mi ha dato un sobbalzo.

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Bortocal   2006-06-14 @ 20:30:45

ciao nadia,

abbiamo risposto a Firdis assieme, praticamente, o forse no, ma il tuo commento un attimo fa non c’era…

il mistero del blog, Nadia.

amico/amica di blog, forse un’amicizia piu` piena di tante amicizie che si dicono reali, solo perche` passano attraverso le convenzioni e i salamelecchi dei corpi.

libera la mente, liberiamo le menti, fuggiamo assieme altrove.

il blog e` la Citta`  del Sole, e`  l’isola di Utopia;

e chi, potendo, non sceglierebbe di vivere ad Utopia piuttosto che qui?

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nadia_bi  (Besucher)   2006-06-14 @ 20:35:41

neanche il tuo commento c’era..

e` la complementarita` del blog.. e` l’empatia che si crea.. ed e` bellissimo perche` un attimo sei gia` e l’attimo dopo no..

quest’altalena di sensazioni, di umori sara`  normale??

basta davvero una parola??

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Bortocal   2006-06-14 @ 20:38:30

una parola ti sembra poco?

le parole sono mondi.

il mistero sta nel fatto che ogni parola e` un mondo senza nome.

un abbraccio, nadia

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nadia_bi  (Besucher)   2006-06-14 @ 20:56:14

a volte mi sembra pochissimo.

perche` forse nn e` quella giusta

oppure e` il momento meno adatto per quella parola.

so che cmq spesso le parole fanno male, tanto

e si dovrebbe avere una licenza speciale per usarle.

a dopo

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21 pensieri riguardo “su Vijayawada. 4 giugno. [VII, 11]. 14 giugno 2006 – bortolindie 33 – 500

  1. La vita che scorre è un viaggio, camminando si scopre qualcosa di nuovo, perché ogni attimo attimo può svelarci qualcosa di nuovo. Il presente può ricondurci al passato. E nel passato siamo stati tutti bambini amati e non amati. Sta a noi sorriderci, sta a noi cullarci e riabbracciarsi. La vita e la morte sono un tutt’uno.
    Passaggi commoventi e profondi, questo tuo post sembra l’intero viaggio di una vita complicata e semplice. E tu scopri in India dove sembra non esserci alcuna dignità nella morte, io vedo invece il vuoto della nostra cultura piena di riti e convenevoli inutili, scopri la vita, ritrovi te stesso piccolo e senti che rinasci in quell’istante. Ti concedo finalmente l’amore che ti serve.
    La vita è respiro e per respirare bisogna aprirsi come hai fatto tu. Come si apre un libro quando si legge.
    Io ho letto te e mi riscopro ancora una volta con te. Che pagine belle!
    Povero l’uomo che ha inventato una storia tanto disumana; per dare il via alla speranza più che mai vaga, si è inventato un dio e il figlio che ha messo in croce, e una povera ragazza rimasta incinta grazie allo spirito Santo anziché da un uomo. La negazione di un atto naturale da cui può scaturire la vita. In pratica la negazione dell’amore. Evviva la vita e l’amore per la vita sempre e comunque.
    Anche questo si impara vivendo tanto più viaggiando tra tanta miseria morte e tanta riverenza verso la vita. Ecco perché sorridono sempre i nostri fratelli indiani.

    Ora mi metto a dormire serena, in fondo amico caro a che pro affannarsi? Siamo un respiro che ancora dura, amare la vita senza aspettare null’altro che il sentirsi uniti nel profondo perché sono qui che parlo con te come se fossimo vicini da sempre.
    Forse neppure ci vedremo, pazienza. Ti voglio bene e ti abbraccio tanto, fatti vivo se puoi. Grazie buona notte.

    Ps chissà cosa ho scritto, di getto e sono senza occhiali.

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