wordpress mercoledì 7 luglio 2010 – 17:50
il caso di Elisa Claps, come altri degli ultimi tempi, evidenzia la crisi pesante del giornalismo italiano della carta stampata, il quale è abituato a fare da bollettino politico al servizio dei potenti e, se privato della adorata possibilità di pubblicare intercettazioni acquisite di straforo e già oggi illegalmente, si dimostra incapace di condurre una inchiesta, di scoprire dei fatti, di informare ed orientare l’opinione pubblica con adeguate campagne di stampa, intorno a temi che riguardano i diritti dei cittadini.
è successo lo stesso col caso Cucchi, col caso Aldobrandi e mille altri: tocca alle famiglie assumere il ruolo che dovrebbe essere dei giornalisti, cioè cercare di richiamare l’attenzione della opinione pubblica su situazioni clamorose di violenza, complicità, in una parola sono le famiglie delle vittime che devono lottare CONTRO i giornali per costringerli a fare il loro mestiere.
e sia lode alle sorelle, ai genitori, ai parenti che riescono a svolgere questo compito.
e qui è il fratello di Elisa, Gildo Claps, ad assumersi il compito di gridare l’indignazione della famiglia per una vicenda degna di Edgar Allan Poe: per 17 anni il cadavere di Elisa è rimasto nel sottotetto di una chiesa frequentato (e come frequentato!) da decine di persone e soggetto a diverse ristrutturazioni senza essere ufficialmente mai scoperto.
in ogni caso la “Nota” di Gildo Claps ci viene solo prudentemente riassunta, neppure sono in grado questi quotidiani di riportarla senza commenti.
chissà per quanti riescono a farsi strada e a fare giungere la loro voce sino a noi, di quanti altri non riusciamo a sapere proprio nulla.
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cerco di ricostruirla da varie fonti, questa Nota, ma non c’è verso: tutta internet non sembra riportare altro che lo stesso identico riassunto, preceduto dalla messa in guardia: è “molto dura”.
«raccapricciante per nostra madre scoprire che quel sottotetto era diventato poco più di una squallida alcova, mentre Elisa giaceva buttata come uno straccio nell’angolo più oscuro, abbandonata da tutti meno da chi le voleva bene e disperatamente la cercava»
«costante e ipocrita difesa della propria immagine, da quella della Chiesa a quella del centro Newman»
«in quella chiesa evidentemente tutto poteva accadere senza che nessuno ne facesse parola: dal barbaro omicidio agli atti sessuali consumati a pochi metri dai poveri resti di Elisa».
«invitare don Vagno e quanti altri sono a conoscenza della verità a compiere un atto di carità cristiana e a squarciare questo sordido velo che ancora ricopre le circostanze della scoperta del corpo»
«don Vagno ha mentito sul particolare degli occhiali: disse di aver preso in mano gli occhiali e di averli riposti vicino ai resti del cadavere ma gli esami hanno dimostrato che le lenti non vennero mai toccate, la perizia lo dimostra inequivocabilmente»
«offensivo per noi e per la memoria di Elisa l’equivoco fra cranio e ucraino che è stato causa, a dire del vescovo, dell’incomprensione rispetto ai tempi del ritrovamento. E ancora noi genitori abbiamo bisogno di essere rassicurati su quello che accade nelle parrocchie per non ritrovarci un giorno a scoprire quello che stiamo apprendendo dopo il ritrovamento del corpo di Elisa».
«spazzare via l’ipocrisia e l’omertà che avvolgono questa vicenda. Lo dobbiamo ad Elisa e a ciascuno di noi per non vergognarci di appartenere a questa comunità».
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ma queste mie considerazioni sono troppo disfattiste, lo dico con soddisfazione; a non considerare qualche inchiesta televisiva recente, un vero e proprio Maigret lo troviamo invece nella stampa italiana, ed è Massimo Brancati, della Gazzetta del Mezzogiorno.
il quale ha ben notato, a differenza di molti suoi colleghi, che sotto il cadavere di Elisa assieme a diverse cicche di sigaretta, ci stava un bottone rosso, di tipo strano, che non apparteneva né a lei né al sospettato omicida Restivo, ma era tipicamente ecclesiastico.
Brancati è stato addirittura diabolico: ha trovato una foto del vecchio parroco della chiesa e si è accorto che gli manca giusto un bottone rosso.
ma la foto è del 1999, mentre Elisa scomparve nel 1993 e il parroco ebbe l’abito da monsignore solo nel 1997; però è anche vero che in quell’anno ci fu il primo intervento di ristrutturazione del sottotetto della chiesa, che potrebbe essere stato l’occasione per spostare il cadavere per nasconderlo meglio.
da parte di un prete che andava già per gli ottanta?
la cosa più saggia la scrive un commentatore:
Credo che la cosa più importante relativa al bottone rosso non sia se manca o meno un bottone rosso dall’abito di don Mimi Sabia, ma che egli avesse un abito con dei bottoni rossi!!!
Anzi “rosso porpora” non per niente i preti si chiamano anche “porporati”, ognuno può pensarla come vuole, ma a me non sembra una coincidenza fortuita che accanto ad Elisa ci fosse un bottone rosso porpora e che il parroco avesse un abito con bottoni rosso porpora e se aveste seguito chi l’ha visto sapreste che il bottone misura 13 mm. che è la stessa misura degli abiti dei prelati verificata nei negozi specializzati!!!
ma suvvia! al parroco il bottone rosso può essere stato strappato in cento altre circostanze: chi può sapere che cosa ci andava a fare il parroco nel sottotetto? e chi può sapere che fosse proprio il parroco e non il vescovo?
e poi Elisa è stata uccisa nel sottotetto o vi è stata portata dopo? in questo caso le persone che hanno trasportato il cadavere devono essere state almeno due, considerando quanto era stretta la scala.
Restivo e il parroco?
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vi sono comunque alcune certezze: che il nuovo parroco che dichiarò a marzo di avere scoperto il corpo di Elisa lo aveva invece scoperto un paio di mesi prima.
e ovviamente mica aveva pensato di informare la polizia, macché aveva telefonato al vescovo per chiedere il da farsi.
la telefonata sembra essersi svolta così, secondo il vescovo:
“Eminenza, ho trovato un cranio nel sottotetto della chiesa…”
“E che ci faceva un ucraino nascosto lì dentro?”
il parroco non ha risposto.
purtroppo sull’omertà che ha indotto la chiesa del posto a coprire l’omicidio per quasi vent’anni non ci sono ragionevoli dubbi.
resterà il dubbio sui motivi specifici di questa omertà.
ma forse non occorre neppure cercarli: vorreste negare che esiste qualcosa che si chiama vocazione?
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ma le foto segrete delle giovani vittime del serial killer pedofilo belga, in possesso solo di magistratura e polizia, che ci facevano negli scantinati dell’Ufficio del defunto Cardinale Primate del Belgio, il vescovo di Bruxelles?
da anni si parlava di una rete pedofila in Belgio che aveva dato copertura ad una serie incredibile di abusi e omicidi su bambini e che aveva generato un traffico di foto di torture e ammazzamenti per menti perverse.
questa rete coinvolgeva perfino il cardinale Suenens, uno dei cardinali più famosi e importanti del suo tempo sul piano internazionale, uno dei protagonisti del Concilio?
ma come si è permessa la polizia belga di scoprire queste foto proprio dopo che il papa aveva tuonato all’Angelus su piazza San Pietro la sua indignazione contro le perquisizioni degne di un paese comunista?
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l’essere umano ha in genere una mente puerile e un bisogno diffuso di credere in Dio, per sentirsi più sicuro.
siccome la mente non gli è stata per conoscere, ma per sopravvivere, va benissimo così, e solo qualche svitato ritiene di doversi ostinare a smentire una credenza tanto ridicola, con l’unico risultato di attirarsi l’odio della stupida folla che vuole essere lasciata in pace e che reagisce al tentativo di mettere in dubbio la sua fede come l’alcolizzato a cui si cerca di portar via la bottiglia.
Dio non esiste, ovviamente: se esistesse, sarebbe un mostro, considerando quel che lascia che accada, compreso il fatto che un suo rappresentante tenga nascoste nei cassetti le foto di bambine ammazzate da un serial killer.
però esistono benissimo – invece di Dio – i criminali che abusano del suo nome per ingannare chi è troppo credulo.
e le chiese si costruiscono su un sapere tramandato di generazione in generazione su come vivere a sbafo sfruttando questi inganni: per vivere tranquilli si consiglia di non disturbare i mistificatori.
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con un comunicato la diocesi belga coinvolta afferma che le foto delle bambine uccise dal pedofilo pervennero su CD ad opera di un provocatore squilibrato che le aveva mandate a mezzo mondo e voleva suscitare una reazione da parte del cardinale.
se questo era lo scopo, ci è riuscito benissimo, perché la reazione del cardinale fu di metterle in un cassetto.
meglio così, se la cosa è vera; aspettiamo che ci venga indicato il buontempone che ha sistemato il bottone rosso da prete sotto il cadavere di Elisa Claps, rimasto per 17 anni sopra la testa dei fedeli che sotto invocavano la provvidenza divina.