wordpress mercoledì 16 giugno 2010 – 6:21
non mi risulta l’esistenza di studi scientifici sul rapporto fra intelligenza e depressione, ma sono sicuro che vi è una relazione e che un quoziente di intelligenza più alto facilita l’instaurarsi della depressione.
in altre parole, chi capisce di più ha più probabilità di essere scontento e la stupidità rende più probabile una relativa felicità o almeno l’acquietamento nella propria condizione.
chi sa è necessariamente infelice, chi conosce soffre, e chi non sa e non conosce vive beato.
in altre parole ancora, il quoziente di intelligenza misura anche la propensione all’infelicità.
. . .
commenti:
firdis 16 giugno 2010 alle 10:17
solo se non hai ancora scoperto che far finta di essere intelligenti non si puo’, ma di essere stupidi si che si puo’…
buona giornata Bortocal.
bortocal 16 giugno 2010 alle 10:24
come non si può?
conosco stupidi che fanno finta di essere molto intelligenti (e ci riescono benissimo, per esempio parlando poco e con atteggiamenti oracolari, pronunciando frasi oscure prive di senso per chi capisce, ma terribilmente rimbombanti per chi non ci capisce e via dicendo).
e conosco anche molti intelligenti che sono così intelligenti che fanno finta di essere stupidi per avere l’appoggio della massa (in ogni campo, mica solo in politica, ovviamente).
tanto che sono sicuro che la posizione perfetta è quella intermedia: essere un intelligente che si fa stupido o uno stupido che si fa intelligente.
però direi che il tuo e i miei interessanti corollari sul tema non toccano il punto centrale: e cioè che chi sa è necessariamente infelice, che chi conosce soffre, e chi non sa e non conosce vive beato.
firdis 17 giugno 2010 alle 13:56
avevo avuto in effetti come la sensazione di averne già parlato..
ora ho la certezza perche’ anche nell’altro mio commento avevi risposto pressapoco cosi’ come adesso.
e anche adesso come allora penso che in quella descrizione un po’ mi ci ritrovo.
cioe’ mi ritrovo con alcune critiche tue sul mio modo di parlare non diretto…
ma è solo un’impressione vero?
a parte questo, insisto. non si puo’ far finta di essere intelligenti perche’ chi lo è ti scopre subito ed farlo con chi non lo è rimane un stupido giochetto.
ma io parlavo di quel modo di essere leggeri che ognuno di noi dovrebbe concedersi. non serve a molto un intelligente depresso, almeno non immediatamente.
Invece un intelligente che si concede di essere leggero e superficiale almeno una volta ogni tanto puo’ essere piu’ utile.
perche’ parlo di utilità? perche’ l’intelligenza così come ogni altro aspetto positivo di ognuno di noi andrebbe messo a disposizione degli altri. diciamo all’interno della propria sfera affettiva almeno, ma se si puo’ e volendo, puoi estendere il concetto anche al palazzo quartiere ..città.. :o)
dipende..
dipende dal proprio carattere, dalle proprie attitudini.
“far finta di essere stupidi” alleggerisce il peso e cancella quel”necessariamente infelice” in cui ti getta la troppa consapevolezza.
ciao mauro!
bortocal 17 giugno 2010 alle 18:23
sai è un bel po’ che non passi più da queste parti (e io non so più neppure da che parti passare con te), quindi adesso non capisco bene a quale commento ti riferisci.
sono risalito qui fino alla pag. 25 dei commenti, ma non ho trovato nulla, forse era sull’altra piattaforma? perché anche io ho la sensazione che abbiamo già parlato, e forse più di una volta, anche, di questi temi, ma doveva essere nel tempo in cui si parlava a fiumi sul blog…
mi par di capire che tu ti sei riconosciuta nella descrizione del finto intelligente…
davveeerooo?
no, non pensavo certamente a te neppure per sbaglio scrivendo quelle parole, ma ognuno trova nell’altro quello che gli serve.
la domanda piuttosto è questa: a te che cosa serve? sentirti poco intelligente?
io non credo affatto che tu sia poco intelligente, io credo che tu ti sia abituata a reprimere selvaggiamente la tua intelligenza e questo sia diventato una specie di riflesso condizionato.
potrei anche sbagliarmi, ma questo tuo commento, ad esempio…
l’inizio è criptico, come sei tu, ma non per posa, ma perché introietti talmente gli altri da pensare che siano dentro di te e dentro alla tua testa e non dai abbastanza peso alla ottusità degli altri, che devono essere presi per mano e accompagnati, se vuoi sperare che capiscano o provino a capire di che cosa si sta parlando.
ma l’ultima parte, con quell’elogio della intelligenza leggera fino a diventare stupida, e quel richiamo alla “utilità” necessaria dell’intelligenza!
far finta di essere stupidi, tu dici, ed è semplicemente perfetto.
certo che ogni volta bisogna cavarti le parole di bocca con le pinze, però!!!
un abbraccio
firdis 17 giugno 2010 alle 19:33
si e’ vero.
certe volte do per scontato che partecipi alla lettura una sorta di senso in piu’ quello che serve a capire le intenzioni e che e’ mosso un pochino dai sentimenti.
con te spesso rischio perche’ sei un lettore attento, molto attento. e non lasci indietro i brani che non hai perfettamente masticato digerito e assimilato.
a volte per comunicare serve piu’ l’atto del cancellare che quello dello scrivere.
se ho tempo ci faccio attenzione, ma se vado di fretta non cancello abbastanza..
🙂
bortocal 18 giugno 2010 alle 7:29
quanti temi da approfondire…
che l’affetto possa aiutare la comprensione di una argomentazione, per esempio.
oppure che il modo per rendersi più comprensibili sia di censurarsi anziché di esplicitarsi meglio…
comunque la tua ultima frase è volterriana: purtroppo non ho tempo, sto per ripartire e in più oggi pomeriggio devo portare il pc dal tecnico, ora che ci penso…
a risentirci a luglio.
firdis 18 giugno 2010 alle 15:03
non proprio affetto, credo sia una specie di empatia. una sua sfumatura.
Buon viaggio e a luglio.
ciao.
bortocal 20 giugno 2010 alle 9:22
empatia, dici…
e pensi che possa facilitare la comprensione.
se c’è empatia, io credo che ci sia una voglia di capire più profonda.
e quindi una attenzione più forte.
potresti avere ragione (dal mio punto di vista) se l’attenzione facilitasse la comprensione.
a volte si direbbe che invece la ostacoli, e qui dovrei tornare a certe mie considerazioni paradossali su come la comunicazione interumana funzioni bene sopratutto basandoci sugli equivoci e sui cambiamenti relativi di senso nella trasmissione di messaggi complessi.
se quindi io mi concentro su di un messaggio trovo molti più ostacoli nella strada della sua assimilazione, una ricezione superficiale porta più facilmente ad identificarlo con quello che mi aspetto di sentire…
– questa mia risposta non mi piace affatto: la trovo presuntuosa e professorale e molto povera di empatia…
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