Vishnu, Jeshu e l’avatar immortale. wp 209 – 13 giugno 2010 – 510

wordpress domenica 13 giugno 2010 – 10:34

straordinario il successo della parola avatar, arrivata fino a fare da titolo al successo cinematografico dell’anno passato e nello stesso tempo diventata termine fondamentale per chi blogga, dato che ognuno di noi è presente in rete non come fisica persona, ma come avatar.

ma fino a 5 minuti fa io non sapevo esattamente che cosa volesse dire avatar.

siccome credo che la mia condizione non sia poi così rara, copio e incollo l’essenziale di quel che ho trovato su wikipedia.

* * *

avatar o avatāra (अवतार) deriva dalla lingua sanscrita e significa “disceso”; nella tradizione religiosa induista un avatar è un corpo fisico assunto da parte di un Deva (dio) o di uno dei suoi aspetti per svolgere determinati compiti.
il termine è usato soprattutto per le diverse incarnazioni di Vishnu, che ricompare sulla terra, secondo queste credenze, ogni volta etica e giustizia sono in pericolo, per l’insorgere – si dice – delle forze demoniache che operano in senso opposto al dharma, la legge cosmica.
A tal proposito Krishna, ottavo avatar di Vishnu, avrebbe detto:
«Per la protezione dei giusti, per la distruzione dei malvagi e per ristabilire i princìpi della giustizia divina, Io mi incarno di era in era» (Bhagavad Gita, IV, 8)

beh, lasciamo stare che Vishnu dovrebbe essere perennemente reincarnato, visto l’andazzo delle cose, e mica aspettare “di era in era”, dato che il prevalere dell’ingiustizia molto più che l’eccezione, sembra la regola, la regola non solo dell’umanità che si vorrebbe malata solo per questo, ma della biologia stessa..

* * *

i due principali avatar di Vishnu che appaiono nell’epica induista, sono Rama, l’eroe del Ramayana, e Krishna, nel Mahābhārata.

ma perfino Buddha è considerato una incarnazione di Vishnu; e qualcuno ci aggiunge perfino Jeshu, che sarebbe un altro avatar di Vishnu, oppure un avatar di Buddha.

mi rendo conto che questo post sta deragliando dai suoi scopi iniziali, ma mi annoto qui per comodità, i dieci avatar classici (Dasavatara) di Vishnu; si può saltare il paragrafo e passare al punto successivo, se non si è particolarmente interessati all’induismo.
1. Matsya, il pesce: rappresenterebbe la vita negli oceani primordiali.2. Kurma, la tartaruga o la testuggine: il passo successivo nell’evoluzione, gli anfibi (però la tartaruga è un rettile!!!)
3. Varaha, il cinghiale: il passaggio della vita sulla terraferma
4. Narasimha, l’uomo-leone (dal sanscrito nara, “uomo”, e simha, “leone”): la comparsa dell’uomo
5. Vamana, il nano: l’iniziale incompleto sviluppo dell’essere umano
6. Parashurama, Rama con la scure, o l’abitante della foresta: lo sviluppo fisico completo dell’uomo
7. Rama il signore, Sri Ramachandra: la comparsa delle prime forme di governo
8. Krishna, esperto in 64 settori della scienza (significa infinitamente affascinante): l’evoluzione culturale dell’umanità.
9. Balarama o Buddha (vedi sotto): l’illuminazione e l’evoluzione spirituale dell’uomo
10. Kalki (“eternità” o “tempo” o “distruttore della malvagità”), l’avatar dal cavallo bianc, che la tradizione indù attende alla fine del Kali Yuga, l’era contemporanea: la finale liberazione dell’uomo e il ritrovamento della propria natura divina.

va be’, ogni mitologia religiosa vale l’altra, ma questa la conosciamo poco e quindi è in grado di esercitare un fascino più forte, forse per questo.

* * *

quel che è interessante è che l’avatar è dunque una identità, un corpo fisico, che una divinità assume per poter entrare nel mondo ad agirvi.

ovviamente quel che mi interessa in questo concetto è che esso si ritrovava anche nel vecchio paganesimo greco-romano, dove era tipico degli dei assumere qualche forma per intervenire nel mondo degli uomini: celebri a questo riguardo le performances di Zeus, che non esitava a trasformarsi in toro, cigno o perfino pioggia dorata (absit ogni allusione dal verbum) pur di raggiungere il suo scopo primario, che era quello di scoparsi qualche bella ragazza.

e dal politeismo indoeuropeo questo concetto della “incarnazione” del dio, cioè della formazione da parte di dio di un proprio avatar, esso è passato pari pari nel cristianesimo, che pure afferma la propria ascendenza ebraica: però il dio ebraico ignora del tutto questo gusto per i trasferimenti ed agisce direttamente in proprio, o al massimo spedisce degli angeli, che tuttavia restano ben chiaramente distinti da lui.

anche le prime versioni dei racconti evangelici restano all’interno di questo tipo di fede, ma poi lo sviluppo del cristianesimo porta a concepire il presunto fondatore stesso della religione, Jeshu, come divino avatar di Dio.

grazie al concetto di avatar la stessa lambiccata e faticosa teologia della Trinità cristiana diventa subito chiara: Dio è un solo blogger con tre avatar…

* * *

però arrivati a questo punto incuriosisce la riscoperta del termine e del concetto di avatar nell’informatica.

che, definendo avatar le identità che assumiamo sulla rete, assimila noi autori a divinità e le nostre identità virtuali nella rete a incarnazioni umane della nostra natura divina…

interessante no?

e la morte?

beh, se un autore è in grado di generare avatar non si farà mica confondere per così poco: la creazione degli avatar, come prima dimostrazione della propria natura divina, può essere considerata come il primo passo sulla strada dell’immortalità, no?

l’immortalità digitale…, tema di un interessante articolo di Giulia Belardelli.

* * *

Dal Giappone agli Stati Uniti, il sogno dell’immortalità – quantomeno digitale – non sembra più così irrealizzabile.
Si moltiplicano infatti i progetti per la costruzione di gemelli digitalizzati in grado di trasmettere gli insegnamenti di una vita ai figli dei nipoti dei propri nipoti.
L’idea è quella di creare degli avatar – per ora solo computerizzati, in futuro chissà – in cui fare un back up della propria memoria, così da affidargli il compito di prolungare il sé anche dopo la morte. (…)
In rete ci sono già diverse compagnie che offrono questo tipo di servizio, noto come “creazione del mind file”.
Usufruirne è semplice: basta avere un po’ di tempo libero, una buona dose di pazienza e la voglia di trasformare in byte i momenti salienti della nostra vita.
Siti come Lifenau e CyBeRev offrono già, come pratica corrente, la creazione (gratuita) del mind file.

aldilà della migliore professionalità che verrà certamente garantita su questi siti (ma esplorerò e riferirò meglio in futuro) francamente non mi pareva che ci fosse bisogno di qualche compagnia per farlo: a che cos’altro tendono operazioni come i blog, o su un altro piano Facebook o You Tube?

prendete me, ad esempio, da tempo una parte rilevante della mia vita è documentata passo passo dalla rete (quel che ho visto su You Tube, quel che penso sul blog, quel che comunico sul server mail o su Messenger o Skype, che conservano traccia di tutti i miei messaggi…), per non dire che una sua parte si svolge già addirittura in rete.

insomma, è già da mo’ che la rete sta rendendo indimenticabili, cioe’ immortali, tutti i principali passaggi della nostra vita, ed è facile riconoscere nelle vecchie fotografie in bianco e nero o nei filmini in super 8 dei tempi della mia giovinezza i primi stentati passi verso un mondo dove ogni momento importante della nostra vita – entro i limiti del nostro personale grado di pudore – può venire immortalato con una amplificazione di noi stessi di cui non poteva usufruire neppur e il Re Sole.

e poi si parla di era del narcisismo di massa! ma ci rendiamo conto che ognuno di noi può erigere virtualmente a se stesso monumenti più grandiosi del Mausoleo del primo imperatore cinese a Xian col suo esercito di 20.000 soldati di terracotta?

* * *

ci informa la Berardelli:
Lifenaut consente di caricare in un archivio digitale foto, video e documenti personali che verranno conservati per generazioni.
Partendo da una foto preferibilmente inespressiva, il software la anima in modo da farla parlare, ammiccare e sbattere le ciglia.
Agli utenti spetta il compito di raccontarsi attraverso test psicologici, autodescrizioni e resoconti vari, il tutto “taggando” a mo’ di Facebook luoghi, date e persone.
E’ previsto anche l’inserimento di pezzi di corrispondenza, pagine di diario e contributi di amici e parenti, per far sì che l’alter ego digitale non sia soltanto il riflesso di ciò che si sarebbe voluto essere.

mi rendo conto che per tutta la vita, scrivendo pagine di diario, raccogliendo in modo organico la corrispondenza, organizzando album di fotografie personali, e poi filmando i momenti più importanti della mia vita e in particolare i miei viaggi, scrivendo su diversi blog, non ho fatto altro.

ora tutto questo viene affidato addirittura ad una mia foto parlante?

splendido.

* * *

io vorrei fare però qualcosa di kitsch: il mio io è abbastanza documentato già, potrò creare il mind file dei miei genitori?

di recente mi è capitato di organizzare, rimettendo assieme piccoli spezzoni di filmati in pellicola in bianco e nero e a colori, digitalizzati, un piccolo video, due minuti di video per me personalmente strazianti, cioè capaci di farmi venire le lacrime agli occhi:
“Quel che resta di mia madre”.

due minuti che mi sono tenuto per me e che non ho avuto cuore di esporre su You Tube, sembrandomi qualcosa di quasi osceno, dato che sono comunque segnati anche dalla malattia e dalla pena, che hanno stravolto quarant’anni fa il suo corpo, facendone un oggetto di vergogna e di pena.

ciò che si è rivelato insostenibile in questa operazione è la potenza del contrasto fra il poco pochissimo che è rimasto e la ricchezza di una vita che il tempo ha cancellato quasi del tutto.

penso al significato di una operazione come questa rispetto a chi, come i miei figli, non l’ha conosciuta; penso al distanziamento che renderà questi frammenti, pur vivi, ampiamente inespressivi.

e nello stesso tempo penso alla loro potenza comunicativa: solo ora, guardandoli, riesco a rendermi conto di alcuni dettagli invisibili altrimenti, se non potessi oggi da lontanoa nche io riguardare quel che in passato era come naturale ed invisibile: ad esempio il modo un po’ goffo di muoversi di mia madre, ma goffo è un eufemismo, il suo modo sgarbato e diciamo pure violento: qualcosa che sarebbe sfuggito a qualunque osservazione paziente delle sue poche lettere o anche ad una analisi psicanalitica dei miei ricordi di lei.

eppure questa non avvertita violenza subita ha segnato indelebilmente il mio essere.

a proposito: qualche psicanalista dovrebbe pensare ad integrare il riesame delle videoregistrazioni di famiglia al flusso dei ricordi e delle associazioni mentali del paziente sul lettino.

ma che importa tutto ciò per la guarigione?

niente, assolutamente niente: ma qualcuno sarebbe davvero in grado di dimostrare che lo scopo di una terapia psicanalitica sia la guarigione e non la convivenza con la propria natura?

* * *

c’è dell’altro:
Partendo da una serie di fotografie ad alta definizione del viso di una persona (ognuna caratterizzata da sfumature emotive diverse), gli ingegneri di Image Metrics sono riusciti a estrapolare le differenze numeriche tra un’espressione e l’altra, per poi riprodurle in formato digitale.
Lo hanno fatto, ad esempio, con l’avatar dell’attrice americana Emily O’Brien (video).
Nel 2008 il suo alter ego digitale è stato presentato al meeting di Los Angeles dell’ACM Siggraph.

e altro ancora:
CyBeRev, invece, sottopone i suoi clienti a migliaia di domande ispirate all’opera del sociologo americano William Sims Bainbridge.
Lo scopo è catturare speranze, valori e attitudini chiedendo alle persone di immaginare il mondo tra cent’anni.
“Si tratta di un processo lungo e laborioso”, mette in guardia Lori Rhodes, fondatrice di CyBeRev. “dedicandovi un’ora al giorno tutti i giorni, ci vogliono cinque anni per completare tutte le domande.
Sapendo che più si va a fondo nelle risposte, più il mind file sarà una copia fedele della nostra mente”.

* * *

Sulla scia di LifeLogger (sistema multimediale di blog e social networking creato da Orientations Network S. B. nel 2004) alcuni programmi si propongono di catturare in presa diretta il fluire di esperienze e ricordi.
Un esempio è MyLifeBits, il progetto con cui Gordon Bell, ricercatore Microsoft, sta cercando di fermare nel tempo tutto ciò che lo riguarda, dalle telefonate di lavoro alle immagini riprese da una videocamera-ombra che lo accompagna nella sua giornata.
Un team della University of Southampton (Regno Unito) si sta ingegnando per raffinare ancora di più questo principio, facendo corrispondere alle istantanee informazioni ricavate dal proprio diario, dai social network e dalle coordinate GPS in il soggetto si è mosso.
In prospettiva, i ricercatori vorrebbero riuscire a integrare questi dati con misure fisiologiche, come ad esempio il ritmo del battito cardiaco, così da associare le emozioni ai fatti.
Non mancano però le aziende che si spingono oltre, prefigurando scenari in cui mind file e bio file si potranno riunire per generare qualcosa di molto simile a un clone biologico.

* * *

Il salto da un io digitale che ricorda, parla e racconta a un avatar fisico in carne e ossa appartiene ancora alla fantascienza, ma c’è chi ha già iniziato a pensarci.
Generare un essere umano mettendo insieme il “bio file” e il “mind file”: è questo, in ultima analisi, l’obiettivo a lungo termine di programmi come Lifenaut.
Si tratta di inserire il back up del cervello dentro un clone generato con le proprie cellule.
I più motivati possono avviare il processo fin da ora: previa la compilazione di un format, la compagnia manda a casa del cliente una boccetta di collutorio; questi, dopo averla usata, la rispedisce al mittente con un campione della sua saliva, le cui cellule vengono criopreservate in azoto liquido alla temperatura di -197 °C.
Trattandosi di un business di dubbio successo – leggi ed etica potrebbero continuare ad esistere anche in futuro – la società si tutela chiedendo un piccolo contributo quotidiano (1 dollaro al giorno) o un pagamento una tantum di circa 9.000 dollari.
Bazzecole per chi è disposto a fare follie pur di scappare alla morte.

* * *

scappare alla morte…

e pensare che a volte sarebbe più saggio correrle incontro.

scappare alla morte immortalando il presente, prima che diventi passato, in vista del futuro.

che operazione senza senso…

quanto più si moltiplica la documentazione del proprio io, tanto più essa diventa inaccessibile ed estranea per gli altri.

chi si sobbarcherà alle lettura integrale dei miei blog, alla visione di tutti i miei video, al riascolto di tutte le mie telefonate su skype o al ripercorrere le mie chattate?

al fondo di tutte queste operazioni sta un difetto di base: che nessuno di noi è veramente interessante altro che per se stesso.

che a questo disinteresse riescono a sfuggire solo in parte solo coloro che sono veramente artisti, e che compongono qualcosa capace di entrare, almeno per frammento nella vita altrui; ma in questi frammenti c’è solo una pallida allusione a quello che essi some persone vive sono stati davvero.

così una statua di Michelangelo o un quadro di Dalì entrano nel ciclo della mia esperienza vitale dicendomi ben poco (e forse anche per fortuna) su quel che Michelangelo o Dalì erano davvero come persone e mi regalano soltanto qualche frammento per me tollerabile delle loro ossessioni.

insomma possiamo costruire il monumento più grandioso mai esistito a noi stessi: un altro me stesso che viva e agisca come me riproducendo la mia vita.

ma poi questi aggeggi si infrangeranno contro la constatazione elementare che nessuno rinuncerà mai alla sua vita solo per rivivere la mia e il più documentato alter ego che ciascuno di noi costruisce attraverso il blog, facebook, la vita digitale, doffre pur sempre del limite insuperabile di interessare solamente all’autore.

e basta guarire dal delirio narcisista per scoprire che ben presto potrebbe non interessare più neppure all’autore stesso.

* * *

però, se siete arrivati alla fine di questa lunga collana di perle di saggezza, pensate a quali rischi ci sovrastano appena i dittatori scopriranno di potersi rendere immortali con qualche avatar identico a loro che prenda il loro posto dopo che saranno morti.

Un pensiero riguardo “Vishnu, Jeshu e l’avatar immortale. wp 209 – 13 giugno 2010 – 510

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