wordpress sabato 10 aprile 2010 – 4:56
questo post vuole suggerirvi con quale occhio guardare la Sindone nella malaugurata ipotesi che venga anche a voi voglia di andare a vederla.
per la prima volta oppure di nuovo, come succederebbe a me, che ho già posato il mio sguardo su quel sacro lenzuolo con l’impronta in negativo di un corpo crocifisso, da cui però oggi ricavo peraltro una constatazione sorprendente.
la Sindone, se autentica, è infatti la prova definitiva della mancata resurrezione del corpo che conteneva.
sorprendente davvero, no? e ancora più sorprendente è che nessuno se ne sia accorto.
ma proseguiamo con più ordine: intanto spero di avere incuriosito il lettore quel tanto che basta a proseguire la lettura.
* * *
la Sindone dunque viene esposta di nuovo alla fede cieca di milioni di credenti e di democratici.
l’esame del carbonio 14 che l’ha datata al tardo Medioevo e la condanna ad un ruolo di misteriosa mistificazione non basterà a scalfire la pia curiosità dei visitatori.
anche perché la datazione contraddice altri elementi altrettanto scientifici, come l’analisi dei pollini e la struttura del tessuto che la riconducono invece, secondo altri ricercatori, proprio alla Palestina del I secolo.
una sensatezza cinica porterebbe a concludere che, essendoci di mezzo la chiesa cattolica con le sue strampalate teologie della resurrezione come fatto storico, si troverà sempre qualche ricercatore disposto a negare l’evidenza e a mettere in dubbio i risultati degli esperimenti.
e dunque di fronte al risultato certo di una ricerca scientifica internazionale, condotta col beneplacito della chiesa, che è arrivata alla conclusione che è un falso medievale, e a tante ricerche parziali e ipotesi storiche che dicono il contrario, si dovrebbe senza esitazione lasciar perdere e stare alla certezza del falso.
quindi, astenersi anche dal visitare un pio monumento alla ignoranza e alla falsificazione con cui milioni di fedeli sono stati ingannati per secoli.
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però nulla è mai assolutamente certo per la scienza.
in questo caso, la relativa fondatezza di alcune obiezioni porta a un giudizio ragionevolmente tenuto in sospeso; e non a caso si è recentemente deciso di ripetere l’analisi della Sindone con nuovi strumenti ancora più sofisticati.
per quanto possa sembrare strano, personalmente anche io inclino a considerare autentico il lenzuolo, perché mi pare più facile una alterazione dell’esame del carbonio 14 dovuta alle conseguenze dell’incendio a cui la Sindone si è salvata, ma che l’ha intaccata, piuttosto che ritenere che qualcuno abbia potuto inserirvi pollini di una vegetazione tipica dell’area palestinese in epoca romana o che qualcuno possa avere imitato delle tecniche di tessitura poi scomparse.
ma di questo mi sono già occupato altra volta, e non voglio tornare su argomenti che ho già trattato:
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mi interessa di più la dimostrazione lapalissiana che credo di potere dare che la Sindone, se autentica, nega la resurrezione.
capisco la vostra meraviglia, ma osservate con me.
e soprattutto ricordate che nulla è mai come sembra.
* * *
come mostra la foto, il lenzuolo contiene con assoluta chiarezza ed evidenza tut’attorno alla fronte delle macchie dovute a gocce di sangue vivo e fresco.
il sangue è scaturito nel momento in cui da quella testa è stata tolta una corona di spine: dove le spine si erano conficcate nella pelle, togliendole, la pelle ha sanguinato.
questo è possibile solamente se quel corpo era ancora vivo: i morti non sanguinano.
avete letto l’essenziale, ma si può procedere oltre, perché tutto questo apre uno scenario sorprendente.
* * *
infatti, se la Sindone è vera, Jeshu non morì SULLA croce, morì A CAUSA DELLA croce, come scrive l’unico storico che si occupò di lui una generazione dopo la sua morte, Giuseppe Flavio.
vi fu un complotto: Jeshu fu stordito con un potente anestetico imbevuto in una spugna e mescolato all’aceto e frettolosamente tolto dalla croce, in stato di incoscienza, prima che gli venissero spezzate le gambe, operazione che ne avrebbe determinato effettivamente la morte per soffocamento.
ma senza questo intervento una crocifissione durata poche ore non è sufficiente, nonostante i dolori atroci, a determinare la morte di un soggetto giovane e sano.
tuttora ogni anno alcuni fanatici nelle isole Filippine si fanno crocifiggere per esaltazione e per la curiosità malsana di turisti perversi che si convincono che il loro morboso raccapriccio sia una forma di fede: vengono schiodati dopo poche ore e sopravvivono, come capitò appunto a Jeshu.
non a caso i medici si sono infatti trovati sempre in grande imbarazzo al momento di spiegare la causa della morte di Jeshu e hanno dovuto ripiegare su avventurose ipotesi di infarto oppure di crepacuore.
invece la verità è più semplice: Jeshu non morì sulla croce non più di quanto non fosse morto Lazzaro quando Jeshu pochi giorni prima l’aveva liberato con una azione di guerriglia dalla tomba in cui era stato rinchiuso per una condanna a morte per sepoltura da vivo.
eppure di entrambi gli esaltati seguaci dissero poi che erano risorti da morte.
ma chi aveva organizzato il complotto?
* * *
non i seguaci, dispersi e confusi in quel momento, che ne seppero sempre poco, per la maggior parte, e questo contribuì alle leggende.
ma un’ala del sinedrio, che si era già opposta a denunciare e consegnare Jeshu ai Romani, e che probabilmente si trovò facilitata dalla manifestazione popolare a favore di “bar Abba”, Figlio del Padre, il soprannome di Jeshu, che indusse Pilato a dare una sorta di via libera all’operazione e a lasciar liberare Jeshu Bar Abba, ma non dal carcere, bensì dalla croce, a condizione che l’operazione fosse condotta con molta discrezione e che il condannato sparisse dalla circolazione, magari nascondendosi in Galilea.
ma occorre capire perché una parte del Sinedrio appoggiava Jeshu, che non aveva lesinato le critiche ai farisei, pur se il suo pensiero teologico era vicinissimo al loro.
la notevole incertezza sulla necessità della sua condanna a morte nasceva da un lato dal carattere bizzarro del personaggio e dalla sostanziale sconfitta già subita rispetto all’opinione pubblica di Gerusalemme col dibattito sul ripudio e sull’adulterio di cui mi sono occupato in un recente post – fatti tutti che potevano persuadere i Romani e l’élite sacerdotale che la sua morte in fondo era inutile.
dall’altro la resistenza di una parte significativa del sinedrio e della classe dirigente farisaica alla sua uccisione proveniva sia dai suoi poteri di taumaturgo considerati veri, sia dal fatto che non vi erano dubbi sulla sua reale discendenza davidica e sulla corrispondenza della sua figura con le attese profetiche realizzatesi dal libro di Daniele in poi.
la coincidenza fra quella tradizione profetica e le vicende della vita di Jeshu era troppo stretta e sorprendente per potere mettere in dubbio che fosse lui il Re sacro (mashiah, messia, oppure Christós, a seconda che preferiate dirlo in ebraico o in greco) che l’opinione pubblica ebraica attendeva da un paio di secoli.
e per forza lo era!
dato che la vita e la missione di Jeshu erano stati accuratamente preparati e predisposti nella cerchia di Giuda il Galileo, il fondatore del movimento integralista ebraico degli zeloti e probabile vero padre naturale di Jeshu, in modo da farlo corrispondere alle profezie: garantendo la discendenza da Davide per linea materna, ma combinando poi il matrimonio per una paternità apparente con un seguace che fosse effettivamente anche lui di discendenza davidica nota.
non è affatto ragionevole pensare che la ragazza individuata in quella cerchia come la madre predestinata del messia si lasciasse poi andare ad un banale adulterio compromettendo tutto, a meno che questo adulterio non fosse motivato da una esigenza superiore, e cioè, per esempio, da quella di mantenere il segreto sulla vera paternità di Jeshu, dato che Giuda il Galileo era un capo guerriglia e alla fine fu ucciso dai Romani nella rivolta contro il censimento che capeggiò nel 6 d.C.
tutto questo rendeva discutibile per alcuni l’accettazione della identificazione di Jeshu con le profezie, ma non per una parte: di nuovo questa comune identificazione di Jeshu col Re sacro predetto la testimonia Giuseppe Flavio quando dice con assoluta sicurezza che Jeshu era “il messia”: ma certamente non intende riferirsi con questo all’incerto concetto cristiano della redenzione, che non era ancora maturato, e fu portato solo dalle falsificate lettere di san Paolo alla metà del secondo secolo, ma proprio al re sacro degli ebrei previsto per l’anno 30 dalle profezie del Libro di Daniele.
la datazione della vicenda umana di Jeshu, coincidente con le settanta settimane di anni della profezia, la discendenza da Davide, certa sia per parte di padre ufficiale sia e soprattutto per parte di madre, la nascita a Betlemme, la fuga in Egitto a seguito della ricerca di Erode, altrettanto consapevole delle attese che si erano concentrate su quel bambino sacro e che erano giunte a coinvolger perfino i sacerdoti zoroastriani, preda di una parallela attesa profetica, le vicende successive fino alle modalità stesse dell’ingresso a Gerusalemme, non lasciavano dubbi su una coincidenza impressionante con le profezie bibliche.
almeno ad alcuni.
del resto nessuno aveva il coraggio di osservare che le coincidenze erano dovute al fatto che la vita di Jeshu era consapevolmente condotta in modo da farla coincidere con le profezie.
e dunque quest’ala del sinedrio organizzò il complotto per salvargli la vita, riuscendoci, almeno al momento.
* * *
la resurrezione di Jeshu dalla morte fu un concetto elaborato diverso tempo dopo che lui era vissuto e morto, a partire da qualche enfatica dilatazione della affermazione che lui era scampato alla morte, compiuta da chi non aveva assistito ai fatti.
la resurrezione coronava la più strampalata delle teorie teologiche che sia mai apparsa sulla faccia della terra: quella cristiana della missione salvifica di Jeshu, uomo-Dio.
passi che il peccato di Adamo si trasmetta anche a tutti i suoi discendenti sulla base di una teoria della razza davvero sorprendente per essere di origine divina, e passi che per porre rimedio al peccato originale e salvare gli uomini dalla dannazione che devono al loro primo e lontanissimo antenato fosse necessario che un uomo diventasse Dio e morisse in quanto uomo e in quanto Dio.
“pezo el tacòn del buso” (peggio la toppa del buco), avrebbe detto la mia povera e venetissima nonna: occorreva che un Dio morisse in uno dei modi più dolorosi inventati dall’uomo per rimediare ad una mela mangiata soprapensiero?
mica c’è proporzione, per Dio!
dunque, Dio è rimasto talmente ferito da quella disobbedienza da uccidere suo figlio seimila anni dopo per farsi passare l’arrabbiatura?
e non faceva prima a dimenticare, nella sua infinita bontà?
. . .
bene, passi per tutto questo, e ammettiamo un Dio talmente buono da far morire suo figlio in croce per permettere agli uomini di salvarsi dalla sua ira.
ma che dire se poi, dopo tutta questa sanguinosa operazione, la salvezza viene di nuovo limitata solo a coloro che sono disposti a credere a tutto ciò, e in particolare a credere che la mamma di quell’uomo-Dio l’abbia concepito senza essere fecondata da un maschio, che sia rimasta vergine anche nel parto, e che quell’uomo-Dio, dopo essere morto, sia risorto?
francamente sembra di assistere a qualcosa di costruito a tavolino nei secoli: ah, aggiungiamoci pure l’unico Dio in tre persone distinte, la natura umana e quella divina mescolate, l’infallibilità del papa…
sembrerebbe che qualcuno abbia detto via via: inventiamo ancora questa, e poi alla fine, fregandosi le mani soddisfatto: beh, se si bevono anche questa, possiamo fargli credere a tutto, persino a Ratzinger e a Berlusconi!
* * *
ma perdonate lo sfogo cabarettistico, o volterriano, se preferite: voglio sottolinearvi l’ultima assurdità.
Jeshu risorge e, secondo questa strana teoria, la sua resurrezione è la porta della salvezza degli uomini, che possono accedere al regno di Dio solo credendoci, ma poi questa resurrezione non viene manifestata pubblicamente: è limitata a conciliaboli segreti di seguaci, non ci crede per primo il Gemello (Tommaso), Jeshu appare e non è riconoscibile subito e così via.
insomma, dopo tutta questa impresa senza pari nella storia, l’impresa di morire sulla croce in sole tre ore, mentre normalmente ci volevano due giorni o tre, e l’impresa di sparire dal sepolcro per una miracolosa ripresa della vita, che cosa ci aspetteremmo se non l’ingresso vittorioso di Jeshu a Gerusalemme per il completamento delle profezie?
non vorremmo forse, a questo punto, la manifestazione chiara ed indiscutibile della sua divinità, in maniera da non lasciare dubbio alcuni all’umanità chiamata a salvarsi proprio in virtù della fede nella Sua resurrezione?
e invece no, addirittura Jeshu se ne va in cielo (modo elegante per dire forse che muore) 40 giorni dopo, senza che praticamente nessuno lo abbia visto in giro, come se avesse combattuto in segreto per 40 giorni contro una qualche infezione generata dalla crocifissione e alla fine, in mancanza di cure adeguate, se ne fosse morto come a qualunque altro uomo mortale sarebbe successo?
è chiaro che questa – la teologia di Saul il Paulus, Saul il Piccoletto – solo la mente contorta di un pazzo esaltato poteva inventarsela, per arrivare alla conclusione che alla fine Jeshu era morto sulla croce solo per salvare i poveri fanatici seguaci di quel pazzo.
e per lasciare all’inferno i miscredenti che non rinunciano all’uso della ragione e non se la bevono, come il sottoscritto.
* * *
ma torniamo alla Sindone, alle tracce di sangue vivo, e a come può essersi formata, se essa conteneva il corpo vivo di Jeshu.
se non era un lenzuolo funerario, che cos’era allora la Sindone e perché vi fu avvolto Jeshu?
il corpo di Jeshu fu trattato con mirra, un emostatico: molto più adatto, anche per la sua costosità, a curare un vivo che a profumare un morto.
il lenzuolo impregnato di mirra circondò completamente il suo povero corpo piagato per provare a fermare il sangue che usciva dalle ferite e che macchiò il lenzuolo, e ci riuscì.
il sudore del corpo vivo, mescolatosi alla mirra, macchiò ancora in altro modo il lenzuolo, che mani pietose tennero da parte, determinando quella specie di impronta in negativo.
il lenzuolo diventò un cimelio prezioso 40 giorni dopo, quando Jeshu morì davvero.
qualcuno effettivamente lo tramandò come ricordo della sua morte enigmatica e della sua vita travagliata, prima che qualcun altro elaborasse un secolo dopo la teoria della resurrezione.
cambiata l’interpretazione dei fatti, al lenzuolo oggi l’onere di dimostrare una resurrezione impossibile a cui nessuno ha assistito.
flash di energia pura? potenze extraterrestri degne di “La Forza sia con te” e di Guerre Stellari? tridimensionalità dell’immagine in negativo meglio che in Avatar?
chi più ne ha più ne metta, attorno a questo antico lenzuolo.
* * *
tutto questo ci dice la Sindone, se sappiamo guardarla con occhio critico: niente è quello che appare, ricordate?
chi vi dice che la commissione di scienziati che hanno lavorato in accordo con la Chiesa non abbia dichiarato il lenzuolo falso giusto perché si rendevano conto che la Sindone smentisce che Jeshu fosse morto sulla croce?
ma lasciamo perdere le certezze, a me bastano i dubbi ragionevoli.
la Sindone guardatela sapendo che non sappiamo ancora:
se sia del XV secolo, quando fu esibito per la prima volta, oppure del I secolo.
se quel corpo fosse effettivamente quello di Jeshu oppure quello di qualcun altro che subì una sorte simile alla sua, magari semplicemente per una messa in scena.
se abbia contenuto un corpo vivo o un corpo morto.
e per finire, dato che la scienza non sa davvero nulla:
se quegli schizzi di sangue sulla fronte non li abbia aggiunti il falsario semplicemente per dare un bel tocco di colore al tutto, senza immaginare che razza di teorie ci avrebbe costruito su qualche secolo dopo la mente logica ma bizzarra del sottoscritto
. . .
nb 2019: alcune delle affermazioni di questo post devo considerarle sbagliate, alla luce delle mie ricerche successive.
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