2008-04-30 – 06:12:51
da tempo mi conosco: ho la capacità straordinaria (nonché fastidiosissima a me stesso e agli altri) di procurarmi delle ansie, cioè delle crisi di sofferenza, del tutto gratuite, in particolare quando sto per regalarmi qualche momento piacevole, come se dovessi punirmi per farlo.
oppure, volete un’altra spiegazione? amo talmente il rischio e ho talmente bisogno di adrenalina, che devo necessariamente condurre un gioco spericolato che mi fornisca il concreto rischio di fallire un obiettivo importante, come dovessi dimostrare a me stesso che sono in grado di superare tutte le difficolta`, sempre.
fa parte di questo scenario il gioco del rinvio della preparazione dei bagagli al momento della partenza: ho scritto proprio così, e mi riferisco alla sfida che oramai ha ridotto a tre minuti il tempo che dedico loro, anche quando il viaggio è di due o tre settimane.
in questo caso, il mio prossimo viaggio in Cina – dove fra 10 giorni DOVREI andare a trovare mia figlia Sara che sta studiando cinese all’Università di Pechino.
per quale insana roulette russa ho portato così a ridosso della partenza le pratiche per la richiesta del visto?
immaginatevi come sono rimasto ieri mattina quando ho stampato in ufficio le istruzioni dal sito internet (dato che a casa la stampante proprio non funziona) ed in fondo a caratteri cubitali ci stava scritto che occorrono 45 giorni per una pratica per il visto!
ma come? se l’agenzia di viaggi che avevo contatatto 10 giorni fa mi aveva detto che ne bastavano 5!
e io quindi ho lasciato passare altro tempo qua e là per arrivare a richiederlo proprio all’ultimo momento?
ma proprio all’ultimo momento mi sono reso conto che farmi la pratica da solo, come mi aveva consigliato quella agenzia, mi espone a un fallimento certo, e che devo trovare in citttà chi segua la pratica per me.
basta, dopo un incontro fuori sede, finito alle 11, mi prendo due ore di libertà, che passo in centro da una agenzia all’altra alla ricerca di qualcuno che mi garantisca di procurarmi il visto entro venerdì prossimo, a qualunque prezzo, ovviamente.
solo alla terza tappa, dopo altri due rifiuti, mi viene però data, assieme al solito no, l’indicazione di un’agenzia di viaggi cinese, che sta proprio dietro l’angolo: quello della piazza del Palazzo Reale.
arrivato al quarto piano, naturalmente mi accorgo che l’incartamento che ho per le mani è quello dell’incontro di lavoro, non quello per il visto, con i moduli compilati, il passaporto, la foto, la prenotazione alberghiera che Sara mi ha fatto pervenire via mail: ho dimenticato tutti questi documenti in macchina al parcheggio un chilometro più in là, però intanto so che il visto in 5 giorni si può fare.
sollievo.
però in 5 giorni LAVORATIVI, e, cavoli!, c’è il Primo Maggio di mezzo, l’unica festa al mondo che condividiamo con la Cina:
per cui la lavorazione del mio visto inizierà venerdì soltanto e sarà una bella impresa farlo arrivare da Francoforte entro il venerdì successivo: basta un altro sciopero improvviso delle poste TEDESCHE e sono fottuto.
inoltre forse non tutti i miei allegati sono in ordine, mi dice – dopo esami scrupolosissimi l’addetto dell’agenzia: alla prenotazione alberghiera via mail manca il timbro dell’hotel; forse occorre non solo la fotocopia del permesso di soggiorno in Germania, ma un vero e proprio certificato di residenza.
non importa, per ora: la sfida è aperta e mi sono garantiti sette giorni di stress; intanto devo scrivere a Sara per avere subito la prenotazione alberghiera col timbro, e poi si vedrà venerdì se devo precipitarmi anche in Comune a farmi rilasciare qualche altra carta.
insomma, ecco una settimana densa di piccole stupide emozioni a buon mercato e di tanto mettersi alla prova ai confini di un modesto “impossibile!” su scala locale.
* * *
comunque la valutazione realistica è che il mio viaggio resta a rischio, perché ho perso troppo tempo con i sistemi più vari: pensare che lunedì pomeriggio, ad esempio, che avevo programmato di dedicare al visto e che mi avrebbe collocato ancora in zona di sicurezza, sono riuscito a farmi chiudere dentro l’ufficio la borsa con le chiavi dell’ufficio stesso e tutta la documentazione del visto!
in ogni caso, la riapertura della possibilità, almeno, che solo 10 minuti prima davo per persa, e che mi aveva fatto smadonnare contro me stesso per un paio d’ore, basta a darmi una sufficiente euforia per godermi questo mio primo contatto con la Cina che è dato dalla stanzetta del tutto spoglia dell’agenzia, al quarto piano di un palazzo antico (come se potessero essercene qui: in questo palazzo ricostruito in stile antico), dove sta solo un giovane cinese piuttosto brufoloso e silenziosissimo.
un tavolo scuro con un mucchietto di depliant turistici – no, devo essere più chiaro: con UN mucchietto di UN deplianti turistico, del 2007.
sufficiente aprirlo e vedere qualche foto, peraltro, per essere sommerso dalla emozione della civiltá più antica del mondo che si offre al mio sguardo come una stratigrafia: buddha, imperatori cinesi, statue immense, paesaggi che incarnano dei modelli dela tradizione pittorica locale, i laghi della serenità, le muraglie dell’autodifesa.
Cina, immenso sistema chiuso: il mondo umano più riservato.
il ragazzo non parla, mormora: discreto, formale, appare gentile, anche se resta impersonale: mi consiglia, si preoccupa per me, mi dà appuntamento telefonico, mi ha preso a cuore.
io osservo analiticamente il suo sguardo miope che scorre con fatica i nostri caratteri occidentali così grossolani e privi di sottintesi, ascolto il suo tedesco piuttosto incerto, come il mio.
ecco, in questa stanza in pemombra, ovattata, quieta, scrupolosa, discreta fino al limite del silenzio, la mia Cina è già cominciata.
non è detto che neppure arrivi davvero, lo diranno i prossimi due o tre giorni, dato che sono stato occidentalmente, e soprattutto bortocalianamente, cosi` sventato.
però ecco che tutto questo mi insegna qualcosa: il distacco, la serenità, che stanno lì davanti a me incarnati in un giovane che parla sottovoce.
capisco che questo sarà il messaggio che potrà venirmi da questo paese, che probabilmente io, il pasticcione ansioso, il mattacchione estroso, il creativo disturbato, non potrò capire del tutto.